SIMPOSIO 1: La divulgazione e la didattica innovativa della Zoologia e delle Scienze Naturali
moderatori: Adriana Canapa - Biagio D’Aniello
Ben prima di Wikipedia, e delle enciclopedie cartacee, la Natura era descritta e catalogata in erbari, lapidari e bestiari. Con il termine bestiarium, nel Medioevo, si faceva riferimento a una particolare categoria di volumi: pagine che raccoglievano tutta la conoscenza umana riguardo ad animali reali e immaginari, minuziose descrizioni accompagnate da buffe illustrazioni, spiegazioni moralizzanti e riferimenti ai testi sacri. Quando si parla di "bestie" alla radio, in TV o sui giornali, un occhio esperto - poniamo: quello di un ricercatore, quello di uno zoologo - potrebbe avere la sensazione che in mille anni di Storia non sia stata fatta poi molta strada. Eppure bisogna rallegrarsi che di vita animale si continui a parlare e che la Natura descritta, fotografata, filmata, continui a suscitare tanta meraviglia negli occhi dei non esperti. Anche il più longevo dei programmi televisivi di approfondimento scientifico cominciava sempre con un documentario della BBC. Ma c’è anche chi, più recentemente, oltre che dell’oggetto delle ricerche si occupa dei ricercatori, compilando un nuovo genere di bestiario. Perché le storie di ordinario entusiasmo di donne e uomini curiosi, coraggiosi sperimentatori, eruditi, possono mostrare anche meglio come la scienza operi quotidianamente, dentro e fuori i laboratori, nei posti frequentati dagli scienziati o, perché no, direttamente a domicilio del luminare di turno. C'è chi pensa che serva una vera e propria spedizione sul campo perché, come diceva Feynman: è l'esperimento il solo giudice della verità scientifica. E c'è bisogno di comunicare quanto siano complesse, oggi, le cose. E quanto ancora si sappia poco della vita che riluce su questo grumo di fango in orbita attorno a una stella di mezza età, alla periferia della galassia. Ma come si comunica
SIMPOSIO 2: Sfide e opportunità per la conservazione della biodiversità: il contributo degli zoologi (Dedicato a Claudia Ricci)
moderatori: Marco Arculeo - Roberto Sandulli
I dati genetici sono sempre più importanti per misurare la biodiversità e identificare i taxa presenti. La biodiversità però non è solo una lista di specie, ma dipende delle interazioni tra specie con diversi ruoli funzionali. Le risposte delle specie ai cambiamenti ambientali sono fortemente influenzati dai loro tratti, quali morfologia, comportamento, ciclo vitale e limiti eco-fisiologici. Vengono presentati alcuni esempi di come taxa identificati su base genetica possono essere associati a informazioni sui loro tratti, per ottenere un’immagine più accurata della loro risposta agli stress ambientali. Innanzitutto, mostriamo come specie di geotritoni che ibridano (Hydromantes ambrosii e H. italicus) sono estremamente simili dal punto di vista morfologico, ma hanno tolleranze molto diverse alle caratteristiche micro-climatiche. Queste differenze condizionano le loro risposte ai cambiamenti ambientali. Mostriamo poi come i dati genetici rivelano una distribuzione estremamente complessa dei taxa nativi e alloctoni di lucertole (Podarcis raffonei e P. siculus) sulle isole eolie. Tratti morfologici, comportamentali ed ecologici condizionano la distribuzione di queste specie e determinano il risultato delle interazioni tra esse. Infine, mostriamo come i tratti funzionali possano essere associati anche a dati di distribuzione dei protozoi del suolo raccolti a scala globale. Ciò permette di capire come i protozoi rispondono a cambiamenti climatici ed al ritiro dei ghiacciai. I marcatori molecolari ci permettono di ottenere informazioni preziose sulla biodiversità. Una migliore integrazione tra dati genetici/genomici e informazioni fenotipiche può potenziare la nostra comprensione di come le specie rispondono ai cambiamenti globali, fornendo basi robuste alle azioni di conservazione.
Tavola rotonda: Il ruolo della zoologia nel National Biodiversity Future Center
SIMPOSIO 3: Biodiversità evolutiva: adattamento morfologico e funzionale
moderatori: Mirella Vazzana - Piero Giulianini
L'Oceano Meridionale è costituito dalle masse d’acqua che circondano l'Antartide il cui limite settentrionale è convenzionalmente rappresentato dal 60mo parallelo dell’emisfero australe. La separazione dell'Antartide dal Sud America, avvenuta circa 30 milioni di anni fa e la successiva apertura del Passaggio di Drake hanno determinato la formazione della Corrente Circumpolare Antartica (ACC) e del Fronte Polare Antartico (APF) che rappresentano una barriera fisica in grado di isolare l’Oceano Meridionale da tutte le acque oceaniche circostanti. Questo evento ha segnato l’avvio di un importante processo di progressivo raffreddamento con la comparsa di ghiaccio marino che - negli ultimi 10 milioni di anni – ha portato allo sviluppo di condizioni oceanografiche ed ecologiche uniche alle quali solo alcuni organismi sono stati in grado di adattarsi. I pesci antartici del sottordine dei nototenioidei rappresentano uno dei casi più emblematici di radiazione adattativa e mostrano una serie di sorprendenti adattamenti alle condizioni dell’Oceano Meridionale caratterizzato da acque costantemente sotto 0°C, da estrema stagionalità nella disponibilità di risorse alimentari e da altre peculiarità che rendono questo ambiente tra i più inospitali del Pianeta. La possibilità di sequenziare genomi e trascrittomi delle specie antartiche e non antartiche più rappresentative delle diverse famiglie di nototenioidei ha permesso di comprendere meglio i tempi ed i meccanismi molecolari che hanno consentito a questo gruppo di pesci di evolversi ed adattarsi all’ambiente dell’Oceano Meridionale. La possibilità di studiare specie di nototenioidei che si sono secondariamente spostate dalle aree antartiche a quelle sub-antartiche con condizioni di temperatura mediamente più calde potrebbero fornirci possibili scenari futuri nella prospettiva dei cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo.
SIMPOSIO 4: Tassonomia, Filogenesi e Biodiversità: l’importanza e il ruolo dei musei zoologici
moderatori: Fausto Barbagli - Alberto Ugolini
L’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) riconosce i musei come istituzioni per la formazione pubblica. Da luoghi espositivi prevalentemente centrati sulle collezioni, i musei scientifici oggi seguono la profonda trasformazione culturale, sociale e manageriale richiesta dalle istituzioni mondiali per accompagnare il cambiamento auspicato nell’Agenda 2030. Sono influenzati direttamente dai cambiamenti che avvengono loro intorno, a tutti i livelli, e si adattano a questi cambiamenti perché hanno una grande responsabilità sociale nei confronti delle comunità che li accolgono, dalle quali traggono origine. Offrono un importante contributo nell’educazione alla salvaguardia ambientale, favorendo la co-costruzione di conoscenze e stimolando il coinvolgimento delle comunità nella vita pubblica e nelle scelte legate all’ambiente. I musei scientifici stanno attuando questa rivoluzione culturale con atteggiamenti di promozione della diversità e della sostenibilità a tutti i livelli, rendendosi inclusivi e accessibili come luoghi di mantenimento e rinforzo delle identità culturali, ma anche co-costruendo società democratiche e pacifiche.
SIMPOSIO SATELLITE: Biodiversità associata alle bio-costruzioni marine
Moderatori Giuseppe Corriero - Giorgio Bavestrello
SIMPOSIO 1: La divulgazione e la didattica innovativa della Zoologia e delle Scienze Naturali
moderatori: Adriana Canapa - Biagio D’Aniello
SIMPOSIO 2: Sfide e opportunità per la conservazione della biodiversità: il contributo degli zoologi (Dedicato a Claudia Ricci)
moderatori: Marco Arculeo - Roberto Sandulli
SIMPOSIO 3: Biodiversità evolutiva: adattamento morfologico e funzionale
moderatori: Mirella Vazzana - Piero Giulianini
SIMPOSIO 4: Tassonomia, Filogenesi e Biodiversità: l’importanza e il ruolo dei musei zoologici
moderatori: Fausto Barbagli - Alberto Ugolini
SIMPOSIO SATELLITE: Biodiversità associata alle bio-costruzioni marine
Moderatori Giuseppe Corriero - Giorgio Bavestrello
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